Vivere in un posto così lontano da casa, non è sempre facile e, alcuni giorni, mi sento quasi fagocitata dagli aspetti negativi.
Ho parlato di questo in molte occasioni: di come l’espatrio vada a fasi.
Lo stato d’animo con cui lo si affronta dipende dai fattori più disparati, dal momento della vita in cui si parte, per esempio, dal perché.
E non è detto che ci renda per forza migliori.
Certamente alcuni posti ci assomigliano più di altri, ma tanto fa anche la nostra decisione di abbracciare (o no), il nuovo presente. Tanto peso ha la nostra decisione di accettare e stare a nostro agio, nello spazio che passa tra le cose per come sono e le cose per come vorremmo che fossero.
L’amica di Fuso Monica ha scritto un articolo, per me illuminante, nel quale illustra le tappe che più o meno tutti attraversiamo in espatrio. Ci racconta e ci documenta, quanto sia grande la possibilità per la nostra mente, di trovare una nuova e più larga espansione.
Quando arrivano momenti di basso profondo (e arrivano!), cerco di concentrarmi sul nuovo, sulla freschezza e sulla bellezza che l’espatrio e la nuova città , hanno portato con sé.
Oggi vi elenco tre cose che amo di Sydney, che hanno aggiunto bellezza al mio espatrio.
Tre cose che amo di Sydney
GLI ACCENTI
Appena arrivata in città , distinguevo, tra gli altri, solo l’accento italiano, quello indiano e quello francese. Il primo per ovvie ragioni di appartenenza, il secondo e il terzo perché li trovo davvero molto peculiari e diversi dagli altri.
Non avevo nessuna idea di tutto il resto: gli accenti dei diversi quartieri di Sydney o quelli delle altre città australiane. Per non parlare dell’accento british, o di quelli americano, cinese, spagnolo e via dicendo. Zero di zero. Ero molto concentrata a capire di cosa mi stessero parlando le persone, piuttosto che a afferrare le particolari intonazioni della loro voce.
Solo con il tempo ho imparato a cogliere le sfumature e il grande fascino che si nasconde dietro il modo che, ognuno di noi, ha di parlare.
Per un orecchio poco attento infatti, l’accento è semplicemente il modo in cui suona la nostra voce, quando parliamo.
Ma, per un orecchio che ascolta con attenzione, e non si limita a sentire, l’accento è molto più di questo: rappresenta la nostra cultura e la nostra storia. E’ il nostro albero geneaologico.
Il modo in cui pronunciamo, è il retaggio di chi siamo: il modo in cui pronunciavano persone dimenticate centinaia di anni fa. Il nostro accento, suggerisce chi siamo: è una firma verbale che, in alcuni casi, può geotaggarci, fino ad un particolare quartiere, di una particolare città , in un determinato momento.
E questo mi piace e ha aperto un nuovo scenario dentro di me.
Ho imparato ad amare il modo che ho di parlare e ho smesso di vergognarmene.
Sebbene sia innegabile l’importanza di saper parlare propriamente una lingua, senza inflessioni troppo ingombranti, quel particolare modo che ho di pronunciare alcune cose, mi appartiene e appartiene anche alla mia gente e mi avvicina a loro. E ne sono orgogliosa. Prima, invece, non lo ero per niente.
SCUOLA MULTIRAZZIALE
Se è vero che, ormai, il mondo intero è multirazziale, Sydney lo è in modo particolare.
Il numero di immigrati di prima e seconda generazione è impressionante: l’intero Paese è nato e continua a crescere così.
Questo significa anche che, ogni scuola, è ricca di bambini provenienti da tutte la parti del mondo.
La classe di mio figlio è composta da bambini italiani, belgi, inglesi, francesi, messicani, srilankèsi, australiani (intendo nati qua, ma con almeno un genitore immigrato), cinesi e giapponesi. Uno o due per nazionalità .
La stessa cosa vale per gli insegnanti. Hanno tutti un background diverso. C’è chi arriva dall’Italia, chi dalla Russia, chi da dalla Polonia.
Ecco, io questo l’ho trovato fantastico. Il “contro” è che, pian piano, scompaiono le tradizioni del singolo e ne nascono di nuove. Ma non è forse questa la storia dell’evoluzione?
Un allenamento costante e quotidiano per allargare i propri schemi mentali, per comprendere nuovi codici umani e per essere creativi.
A scuola, prima di scegliere quella che sarà la lingua straniera che approfondiranno, le studiano tutte per un trimestre. Così a turno, ogni bambino, ha la possibilità di esprimersi nella propria lingua e insegnare agli altri i modi di dire principali.
LIBERTÀ DEI BAMBINI DI MUOVERSI DA SOLI
Sydney è una città piena di bambini e ragazzini che si muovono da soli per la città e percorrono anche grandi distanze, prendendo i mezzi pubblici.
La città è estremamente estesa, ma anche molto sicura.
E’ davvero difficile che qualcuno superi il limite di velocità o che non si fermi sulle strisce.
Per questo motivo, già dagli otto anni (a volte anche prima), molti bambini si muovono da soli e possono essere autonomi.
Venendo da una città caotica come Roma, non è per nulla scontato: mi ricorda la libertà che ho avuto io, crescendo in un paesello.
Inoltre, lo trovo importante per due motivi:
Lo sviluppo emotivo: i piccolini hanno l’opportunità di abituarsi alla libertà e all’autonomia un pochino alla volta e cominciando presto. Vivendo delle piccole sfide adatte a loro e in sicurezza: come per esempio gestire le chiavi di casa, o provare ad orientarsi da soli.
La comodità : lo trovo estremamente comodo per le famiglie, perché rende più fluida la gestione del tempo. Soprattutto con più figli, se uno dei due può fare un pezzo di strada o raggiungere gli altri in un posto è davvero un grande risparmio di tempo.
Mi accorgo, insomma, che la bellezza di un luogo, dipende molto più da come decidiamo di guardarlo, che dal luogo in se’.
E nei momenti bui, provo a tirar fuori il mio stupore, la mia curiosità e la mia capienza.
Queste sono le tre cose che amo di Sydney. E voi avete tre cose che rendono bello il posto dove avete scelto di vivere o dove siete capitati per caso?
Sono molto curiosa.
Manuela, Sydney
Ho sempre amato la multiculturalità e la sicurezza di Sydney, anche se ovviamente niente è perfetto e ci sono sicuramente zone meno sicure o episodi di razzismo e intolleranza, ma in generale concordo in pieno con te!